L’Accademia dei Lincei sbarca anche a Viterbo.
Come si legge in un interessante articolo del Corriere.it:
«La sete di conoscenza nelle nostre scuole esiste ancora ed è contagiosa. Come il piacere dell’insegnamento».
E’ questa la prima notizia che insegna la bella storia degli accademici dei Lincei, che aderendo con entusiasmo alla idea del presidente Lamberto Maffei, sono usciti dalla loro torri d’avorio e, a spese proprie, sono andati nelle scuole per suggerire nuove tecniche di insegnamento dei tre pilastri del sapere: matematica, scienze sperimentali, e italiano argomentativo.
Si comincia dalla «bestia nera» di molti studenti: la matematica.
Primo imperativo semplificare e sfrondarla dalle troppe definizioni. «Distinguere una frazione propria da una impropria o apparente è uno sforzo inutile. Come gran parte del gergo in uso nelle scuole, che non è il nostro» assicura Carlo Sbordone, per vent’anni presidente dell’Unione Matematici Italiani. Per suscitare la curiosità, lui invece mostra animazioni, racconta nuove scoperte e aneddoti come quello degli studenti Usa che hanno battuto Talete, trovando un teorema migliore del suo.
Tutti in laboratorio
Secondo scoglio: le scienze sperimentali. Bisogna renderle tali.
I Lincei forniscono un kit. Con tutto il necessario, diviso per fasce d’età, dalle elementari al liceo. Nemmeno lo studente più riottoso resiste al fascino del laboratorio. E alla curiosità di mettere in pratica reazioni chimiche e leggi della fisica. «Nelle scuole sono stati riattivati tanti microscopi e alcuni sono stati riparati.
Addirittura in un istituto è stato utilizzato un microtomo (lo strumento usato nella tecnica microscopica biologica per tagliare in sezioni sottilissime, spessore di 5-20 μm, l’oggetto da osservare). Tutti i docenti che hanno partecipato hanno chiesto di poter frequentare i nuovi corsi dei Lincei», si legge in un sondaggio effettuato tra gli insegnanti di Brescia.
Un’opportunità per 300 mila alunni
Per l’italiano occorre combattere l’obiettivo di molti studenti: riempire la pagina. Spiega Luca Serianni, tra i massimi linguisti e filologi:«Scrivere un tema sembra banale ma non lo è. Abituati a parlare a ruota libera, molti ragazzi scrivono così. Iniziano in un modo, finiscono in un altro senza una costruzione rigorosa e, spesso, senza un perché. Oltre al riassunto, ci sono esercizi di smontaggio e rimontaggio della frase che aiutano e divertono: capire un testo con parole mancanti; sostituirne una con un’altra di segno opposto o giocare con editoriali o articoli».
E il miracolo è avvenuto. Da bestie nere sono divenute materie seguite con entusiasmo. Gli insegnanti si sono fatti a loro volta promotori delle tecniche imparate e sono nati poli per l’aggiornamento dei docenti.
La rete è attiva in 12 città: Milano, Napoli, Perugia, Pisa, Roma, Torino, Venezia, Bologna, Potenza e Matera, Bari-Lecce. Presto Reggio Calabria, Trieste, Sassari e Viterbo. E altre, come Cagliari, vogliono aggiungersi. La nuova didattica, che lascia all’insegnante centralità e autonomia, in 3 anni è stata applicata in 4.315 classi coinvolgendo circa 300.000 alunni.
Ne è orgoglioso il presidente Maffei, che martedì 7 illustrerà i risultati al capo dello Stato Giorgio Napolitano e al ministro Stefania Giannini: «E’ più di quanto avessi immaginato. Gli insegnanti che vedono arrivare gli autori di testi fondamentali sui quali si sono preparati si sentono gratificati e rimotivati. E sempre più accademici ci chiedono di partecipare questo volontariato del sapere. E gli studenti, secondo quanto riferiscono i docenti, apprezzano molto». Il contagio è iniziato.
Fonte: Corriere.it
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