BAGNOREGIO – Sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre, nella splendida cornice del bellissimo borgo di Bagnoregio, con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale, si terrà l’Esposizione in anteprima internazionale, presso i locali della Casa del Vento – spazio gestito dall’associazione Juppiter – di due importanti dipinti di due grandi maestri del Rinascimento europeo, ritornati alla luce dopo anni di studio. I due curatori dell’evento sono l’avvocato Loris Di Giovanni e l’architetto Marco Vinicio Zonin.
Il primo dipinto eseguito su una tavola di pioppo con la tecnica mista a olio e tempera, attribuibile all’opera di Piero della Francesca, risale agli anni ’50/’60 del XV secolo e raffigura un giovane dignitario con berretto nero sul capo ritratto nello splendido paesaggio collinoso, ricco di corsi d’acqua, della Valle del Metauro. Il soggetto rappresentato ha forti riferimenti in un particolare dell’Esaltazione della Croce, affresco opera di Piero della Francesca con aiuti (soprattutto Giovanni da Piamonte), facente parte delle Storie della Vera Croce nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo, nello specifico la Figura di un dignitario al seguito dell’Imperatore Eraclio. Inoltre, ritroviamo ulteriori importanti riferimenti stilistici ed iconografici (paesaggio di sfondo) nel dipinto del medesimo Artista eseguito per rappresentare il famoso ritratto di profilo del Duca Federico da Montefeltro. Perfetta è la coincidenza e sovrapponibilità del paesaggio, anche se più stilizzato, che fa da sfondo sia al nostro ritratto che a quello del Duca Federico da Montefeltro. Ultima e altrettanto importante analogia è riscontrabile nel ritratto di ‘Giovane con cappello rosso’ presentato, come opera inedita, alla 54° Biennale di Venezia (Padiglione Italia – 2011) dal Prof. Vittorio Sgarbi e attribuito dallo stesso al maestro Piero della Francesca. Mentre per analogie sullo stato di conservazione, epoca di produzione e tecnica pittorica ci si può riferire a un’altra opera del Maestro, il Polittico della Misericordia (Museo Civico di Sansepolcro, 1444 – 1464).
Il secondo dipinto, eseguito a tempera su tela fine e fitta, senza mano di fondo (Tüchleinmalerei cinquecentesca) è tratto da una incisione del 1498 di Albrecht Dürer (Norimberga 1471 – 1528), dal titolo: “Il Mostro Marino” o anche, meno frequentemente, “Ratto di Amimone”. L’opera, attribuibile al grande maestro tedesco, è affascinante; la composizione è altamente codificata ed il suo significato controverso ed enigmatico. Sul retro della tela, compaiono il monogramma legato DGH, con corona ducale, e un numero di inventario (584) da cui è stato possibile risalire alla prestigiosa Collezione di Don Gaspar de Haro y Guzmàn (1629–1687) già ambasciatore di Spagna presso la Sante Sede a Roma e Vicerè a Napoli. Molte parti, come capelli, chiome degli alberi, pinne del mostro, etc, sono sapientemente lumeggiate in oro. l’Artista arricchisce di fascino la scena con un fantastico essere così credibile, nei sui dettagli, da far dubitare della sua non-esistenza. Questo tritone, così fiero e sicuro di sé, con la sua corona di corna, il suo scudo fatto di guscio di tartaruga e la potente pinna caudale, guarda scaltro e abbastanza furbescamente da sapere esattamente come fare a portare via fanciulle, così belle, nelle profondità del suo regno acquoso. La composizione ci fornisce dettagli sufficienti per mettere insieme ciò che è avvenuto: una nobile signora, la sua elaborata acconciatura suggerisce il suo status sociale, mentre fa il bagno in un estuario vicino alla riva del mare, o in una larga ansa di un fiume, viene rapita dal pesce tritone. A sinistra, le altre tre donne, che stanno in acqua a fare il bagno, si ritirano frettolosamente per sicurezza verso la terraferma, mentre una quarta sviene per orrore sulla riva. Accanto a loro un uomo che corre, con il turbante, alza le mani in un gesto di impotenza e disperazione. Dürer suggerisce uno ‘spettacolo esteriore’, di blanda resistenza da parte della donna rapita destinata, oramai, al sorprendente destino che la sta travolgendo. Questo prezioso dipinto stava, al momento della stesura dell’Inventario, nella Stanza detta ‘La Seretaria’ dell’appartamento in alto del Palazzo Reale (attuale Ambasciata di Spagna), in Roma a Piazza di Spagna, in cui risiedeva il grande collezionista Marchese spagnolo. Gaspar de Haro y Guzman era figlio del collezionista Luis de Haro e da questi ha ereditato un vasto repertorio di dipinti che è stato progressivamente da Lui esteso con opere di pregevole qualità. Faceva parte delle sue prestigiose collezioni la “Venere Rokeby” di Velazquez (ora al National Gallery, Londra), la “Madonna d’Alba” di Raffaello Sanzio (ora al National Gallery of Art, di Washington), e “l’Educazione di Cupido” del Correggio (ora al National Gallery, di Londra) e altri capolavori fiamminghi, di scuole spagnole e italiane.
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