Review Category : Notizie

NEWS – In Friuli arriva il primo noccioleto grazie alla collaborazione della Tuscia

Un noccioleto in Friuli. Il primo si trova a Rive d’Arcano, in un territorio dove mais e soia sono le colture prevalenti. A renderlo possibile è stato un agronomo di Viterbo, che ha partecipato a livello di consulenza tecnica.

Ad avere questa idea è stata una giovane imprenditrice, Marzia Giovanatto che si sta specializzando nell’impianto di noccioli in collaborazione con Renzo Tella, altro operatore del settore.

L’impianto si sviluppa su 5 ettari di terreno, le piantine trapiantate di circa un anno e mezzo sono di provenienza campana e appartengono ad una delle varietà più pregiate la cosiddetta “tonda di Giffoni”, che si contraddistingue per l’elevata resa qualità e produttiva.

Con il supporto tecnico di un agronomo di Viterbo, in seguito a studi morfologici dei terreni della zona di San Daniele, è stato eseguito un risanamento del suolo scelto per gli impianti, che era risultato povero di minerali.

Un rimescolamento ripetuto per 4 volte, al fine di riossigenare, il suolo ha consentito il trattamento con microrganismi e fertilizzanti naturali. Tali operazioni permettono di conseguire l’idoneità alla certificazione Bio delle piante nonché l’Igp del frutto.

«L’obiettivo della neonata azienda – spiega l’assessore comunale alle politiche agricole Fabio Marini – è ambizioso ed è quello di contribuire a diffondere anche nella nostra regione la coltivazione della nocciola, facendo entrare il Friuli Venezia Giulia nelle percentuali di produzione nazionale, missione non impossibile, visto la conformazione del terreno e il clima».

Marzia Giovanatto ha iniziato così con entusiasmo la sua avventura. Si prefigge di ampliare il suo impianto acquisendo altri terreni in zona e cercando nuovi soci: «La nocciola prodotta in questa realtà – dice – diventerà un prodotto finale destinato all’industria dolciaria. Anche i gusci produrranno reddito, visto che saranno venduti come materiale da combustione».

L’impianto è stato inaugurato alla presenza dell’assessore provinciale alle attività produttive Leonardo Barberio, del sindaco di Rive Cristina D’Angelo e dell’ex assessore regionale all’agricoltura Claudio Violino. Marzia e Renzo hanno annunciato la loro piena disponibilità a fornire assistenza a tutti coloro che saranno interessati ad intraprendere la loro stessa esperienza.

FONTE: Messaggero Veneto

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MUSICA – Il Duo Diaphonia con un’esecuzione magistrale conquista Ischia di Castro

Set 14, 2014 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged Comments 0

“E’ evidente che, oltre alla tecnica eccelsa, Marco Intoppa e Marco Corsi infondono una vera e propria passione nelle loro esibizioni. Quella di stasera ci ha fatto particolarmente emozionare”.
Il commento del sindaco di Ischia di Castro, Salvatore Serra, in poche parole ha riassunto perfettamente il concerto Sinfonia dell’Eremo che si è tenuto ieri nella chiesa di San Rocco ad Ischia, un appuntamento organizzato dall’amministrazione comunale e giunto quest’anno alla quindicesima edizione.
Ad incantare una chiesa gremita di persone il Duo Diaphonia, composto da da Marco Corsi alla chitarra e Marco Intoppa al saxofono “un ensemble originale che raramente capita di ascoltare in un concerto di musica classica”, come ha spiegato lo stesso Corsi.
“Proprio per questo motivo il programma della serata è stato quasi “costruito” intorno alla nostra formazione – ha proseguito – con trascrizioni dal repertorio classico e composizioni originali con radici popolari”.
I due musicisti, con un excursus tra brani di Bach e Chopin, di Piazzolla e Villa Lobos, di Dyens e dello stesso Corsi, hanno saputo creare un’atmosfera magica e di rara suggestione, in un’esibizione che ha letteralmente conquistato il pubblico presente, che alla fine ha decretato, con una vera e propria ovazione, il consenso unanime e l’apprezzamento nei confronti del Dio Diaphonia.
“Sono estremamente soddisfatta dell’ottima riuscita del concerto – ha concluso l’assessore alla Cultura, Sabrina Quintili, anche perché stasera abbiamo potuto assistere ad una performance di musicisti del posto, e quindi siamo riusciti a valorizzare i talenti locali che molto spesso, purtroppo, non sono conosciuti.”

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CULTURA – La Macchina di S. Rosa patrimonio dell’Unesco, ma quanti lo sanno?

-da Giovanni Fonghini-

Lo scorso 3 settembre alle ore 21 si è ripetuta a Viterbo la tradizione plurisecolare del trasporto della Macchina di S. Rosa. Le origini religiose del trasporto nascono il 4 settembre 1258: una solenne processione guidata da Papa Alessandro IV traslò il corpo incorrotto della giovinetta Rosa, venerata dal popolo viterbese già in vita prima della sua morte a circa 17 anni, dalla chiesa di S. Maria in Poggio, meglio conosciuta come la Crocetta, alla chiesa di S. Maria delle Rose, oggi Santuario di S. Rosa.
Il 4 dicembre ’13 a Baku in Azerbaigian una commissione dell’Unesco ha dichiarato la Rete delle Grandi Macchina a Spalla – ne fanno parte le città di Viterbo, Nola, Sassari, Palmi – patrimonio immateriale dell’umanità. Un riconoscimento prestigiosissimo, che a Viterbo ha premiato l’impegno e il lavoro di 7 anni del Sodalizio dei Facchini di S. Rosa e di altre istituzioni locali. Cercando nel web ho trovato un lancio dell’agenzia di stampa Adnkronos del 29 agosto 1996, che così descriveva la suggestione di questo evento spettacolare:

“VITERBO: ”IL CAMPANILE CHE CAMMINA” IL 3 SETTEMBRE
Roma, 29 Ago. -(Adnkronos)- Un campanile alto 33 metri, pesante 50 quintali, portato sulle spalle da cento uomini vestiti di bianco con una cintura rossa. E’ il ‘Trasporto della Macchina di Santa Rosa’, che il giornalista Orio Vergani defini’ ”il campanile che cammina” e che rappresenta uno spettacolo unico al mondo che si ripete, da piu’ secoli, ogni 3 settembre a Viterbo.
Questa mole, illuminata da mille fiammelle, che incede quasi a passo di danza, parte alle 21 da Porta Romana e con la sua altezza supera i tetti delle case e illumina le strade volutamente buie della citta’, mentre la folla esultante acclama la ”Macchina” e i ”facchini”. Cosi’ infatti sono chiamati – ma non nella moderna accezione dispregiativa, anzi – i 100 uomini che trasportano l’enorme campanile. Lo spettacolo piu’ emozionante e’ costituito dalla ripida salita, 150 metri con una pendenza del 14%, che conduce fino alla chiesa di Santa Rosa e che viene affrontata di corsa. Li’ termina la processione che dura poco piu’ di un’ora e mezza.
(Red/As/Adnkronos”.
Rileggere quel lancio di agenzia del 1996 mi ha riportato indietro con la memoria, quando per 3 anni, dal 1995 al 1997, con il compianto amico Carlo Maria Cardoni ci occupammo, per conto dell’amministrazione comunale di Viterbo guidata da Marcello Meroi, della promozione istituzionale dell’immagine della Macchina di S. Rosa nei confronti dei mezzi di informazione e di altri pubblici selezionati. Il web aveva pochissimi anni e il nostro lavoro, coadiuvati da collaboratori motivati e spesso pazienti fino all’inverosimile, ci vide impegnati per alcuni mesi senza sosta tra telefonate e chilometri di fax: quotidiani, settimanali, redazioni di programmi televisivi, emittenti radiofoniche, agenzie di stampa italiane e straniere. Ricordo ancora una giornalista che sentendo il termine “Macchina” pensò potesse trattarsi di una corsa. Era un lavoro molto in salita quello che Carlo e io facemmo. Ma i risultati non mancarono. Quest’anno, forti pure del riconoscimento dell’Unesco, mi sarei aspettato da parte del comune una promozione forte e incisiva, sia sul piano dell’informazione che investendo in pubblicità. I media locali, insostituibili, fanno la loro parte, ma la Macchina di S. Rosa merita l’attenzione di una platea più ampia, che valichi i confini della provincia e quando va bene quelli regionali del Lazio. I viterbesi sanno da sempre ancor prima del riconoscimento dell’Unesco, e lo stesso dicasi per gli altri non autoctoni che hanno avuto la fortuna di vederlo, che assistere al trasporto della Macchina di S. Rosa è uno spettacolo indimenticabile che commuove, emoziona, fa piangere, toglie il fiato. L’ammirazione per l’enorme sforzo fisico che fanno i suoi portatori, i Facchini di S. Rosa, si fonde al folclore, alla devozione religiosa e popolare per la Santa, Rosa. Nell’immaginario collettivo italiano ed europeo, e forse oltre, il Palio è Siena. Vorrei che lo stesso accadesse per la Macchina di S. Rosa, che divenisse nell’immaginario un tutt’uno con Viterbo. Non si può prescindere dalla televisione, se si vuole far crescere la risonanza e la conoscenza della Macchina di S. Rosa al di fuori delle mura civiche.
La Macchina di S. Rosa si merita una prima serata televisiva di un canale nazionale. Se si vuole volare alto. Se invece ci si vuole accontentare dell’attuale statu quo, che vede Viterbo e la provincia relegate ad un ruolo molto marginale rispetto ad altre città affini per storia, dimensioni e tradizioni, va bene pure continuare così.
Santa Rosa forse potrebbe compiere un miracolo agognato e sospirato: illuminare le menti delle classi dirigenti viterbesi.

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NEWS – I bambini riverniciano la loro scuola

-da Viterbo Civica-
Siamo con pochissime righe e moltissime immagini a portarvi a dirvi che abbiamo terminato la seconda ed ultima parte del lavoro di verniciatura della scuola Tecchi in via Emilio Bianchi a Viterbo.
Lunedì, con la riapertura delle scuole volevamo fare un regalo a tutti i piccoli che si presenteranno davanti all’istituto scolastico.
La nostra associazione grazie al contributo economico di molti soci e commercianti ha acquistato tutto il necessario per pitturare la scuola.
Un particolare grazie va a tutti i numerosissimi soci per il contributo e a Cristiano Nocilli, Grazini trasporti, Etruria Colori, officina Cutigni, tre anonimi e all’ex consigliere Antonio Obino per il particolare e extra contributo donatoci.
Ma il grazie più grande va ai numerosissimi volontari intervenuti, ma soprattutto ai bimbi che si sono divertiti da matti a verniciare la loro scuola.

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STORIA – L’oro degli Etruschi volsiniesi

Set 12, 2014 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged Comments 0

-di Marco Morucci –

Prima parte mineralogia

I monti Volsini sono formati da una catena vulcanica e una parte in particolare, durante le ultime eruzioni, ha emesso insieme alle rocce leucitiche delle pagliuzze di oro.
Durante l’ultimo secolo sono stati fatti due saggi di scavo ufficiali, uno nel 1937 come risulta da un articolo del messaggero, il secondo fu effettuato nel 1977 da una società amiatina che si occupava di minerali..
Ambedue hanno rilevato che l’oro è presente in quantità esigue ma per un lungo tratto circa 400 mt. ma deve esistere un punto in cui si deve essere accumulato e questo è il risultato delle due analisi geomorfologiche.
Il monte Landro è uno dei tre coni avventizi che fanno parte del grande cratere della Sterta avente un km. di diametro del trio è il più importante ed è formato da tre o quattro scaglioni di lave diverse come tutte gli edifici vulcanici del lato ovest del grande vulcano di Bolsena.
Uno degli ultimi scaglioni ha sprigionato l’oro effondendolo lungo il pendio del monte, penso che deve essere stato uno spettacolo entusiasmante vedere una parte del monte brillare di luce aurea.
Uno spettacolo durato solo poche settimane il ferro fuso facente parte delle microscopiche pagliuzze dopo pochi giorno si ossida e l’oro prende il colore della pietra leucitica che lo ingloba.

Parte seconda ricostruzione storica assistita dalle leggende Etrusche

Quando le sole notizie storiche non riescono a far ricostruire gli eventi passati bisogna usare ogni mezzo incluse le leggende che aleggiano nel territorio in questione, questo perché si tramandano racconti e storie fantastiche solo in luoghi che hanno avuto un passato epico.
Quando arrivarono gli Etruschi di Lemno, il lago di Bolsena lo trovarono già abitato dai palafitticoli provenienti dal lago di Frasia in Tracia si unironno a loro costruendo un villaggio fortificato nelle vicinanze delle palafitte del Gran Carro; Civita di Arlena.
Qui entra la leggenda, nel VI secolo a.C. racconta Plinio che Porsenna distrusse Volsini con un fulmine, i scavi dicono che Arlena nello stesso secolo fu abbandonata.
La ragione dei due eventi si spiega con una terzo elemento comprovante; l’obbligo di costruire il tempio Velch il loro dio primordiale ( il Vulcano Romano ) lontano dagli abitati.
Io ho ricostruito l’accaduto così;
un terremoto ha distrutto parte del villaggio ed è stato interpretato come un avvertimento del dio che dalla tagliata accanto al tempio di Turona deve aver emesso fumo e lapilli infuocati.
La paura degli avvenimenti consigliò di spostare il villaggio in un’altra posizione lontano dal dio che fondeva i metalli.
Così nacque Velzna città della luce, figlia del dio della luce sotterranea e della dea dell’abbondanza.
Per il tempio fu scelto un luogo dove era stato già eretto un altro tempio ma questo costruito dalle dodici città era maestoso e dominava tutta la conca volsiniese.
Un luogo scelto dagli dei, la montagna dell’oro, tra due laghi, quello di Lagaccione si suppone fosse una caldara fu fatto prosciugare nel 1500, e in cima una fumarola faceva sempre percepire la presenza del dio sotterraneo.
In basso nella vallata del lago, in una gola tre sorgenti chiamate le Vene fornivano l’acqua utile alla ferriera per fondere l’ro e il bronzo sacro.
Un luogo storico, un muro in opus reticolatum datato II secolo a.C. è prova che fu usato anche dai romani e secondo dei documenti notatili servì anche come ferriera vaticana sul fondo del fosso generato dalle tre sorgenti si trova ancora resti di fusione di ferro e bronzo.
In ultimo ma non meno importante, la leggenda tramandataci da Don Acaste Bresciani un racconto popolare raccolto durante una delle sue pellegrinazioni tra il contado di San Lorenzo Nuovo, parlava di una miniera sfruttata dagli Etruschi e nascosta per non farla trovare ai nemici Romani.
Nella storia conosciuta i romani aiutarono gli aristocratici Etruschi a liberarsi degli schiavi che si erano rivoltati ma questo non può corrispondere alla verità furono traditi dai liberti ma si erano preparati e non rivelarono ai vincitori ne dove era la miniera e nemmeno dove erano nascoste le statue d’oro del Fanum, furono torturati ma non svelarono il loro segreto.
Esiste un ultimo racconto, quello di un rabdomante che vagando su di un fianco del monte Landro aveva sentito un vuoto, grande quasi come la piazza ottagonale del paese si credette fosse una delle caldere vulcaniche, ma lui affermò di aver sentito altro con la sua bacchetta, un dromos un entrata molto lunga e più volte interrotta con dei lastroni di pietra.
Miti, fiabe solo delle narrazioni da ascoltare la sera vicino al focolare ma quanto c’è di vero nei racconti dei vincitori e quanto nelle leggende?

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ATTUALITA’ – Permacultura, successo per il festival di Bolsena

Set 11, 2014 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged Comments 0

Tre giorni intensi in cui Bolsena è stata pacificamente invasa da studiosi, esperti e partecipanti a workshop, seminari, proiezioni, incontri, concerti, ma anche da turisti e curiosi intenzionati ad approfondire, dibattere, osservare e ascoltare nuove e antiche possibilità di approcciarsi in maniera più etica e sostenibile a tutto l’ambiente circostante.
Tutto questo è accaduto durante il I Festival Italiano di Permacultura, tenutosi dal 5 al 7 settembre nell’antica cittadina che dà il nome al Lago vulcanico più grande d’Europa.
Con l’ausilio di architetti, docenti e sperimentatori, circa 300 persone provenienti da tutta Italia hanno imparato come si possono costruire case con le balle di paglie, come possano esistere coltivazioni che non necessitano di irrigazione,come trasformare i propri rifiuti casalinghi in risorse e come prendersi massima cura del proprio corpo e dell’ambiente.
Tutti hanno potuto respirare l’ entusiasmo e l’energia di coloro che hanno animato questa tre giorni che ha fatto così registrare un grande successo per questa prima rassegna nell’ambito del territorio nazionale.
Il centro storico è stato il teatro principale del Festival, con piazza Matteotti, Corso Cavour, Piazza San Rocco, Sotto Sante e il Sacrario della Basilica di Santa Cristina affollati e colorati dalla prime ore della mattina fino alle prime ore della notte.
Luca Puri, l’ideatore dell’iniziativa, pone l’accento soprattutto su due fattori: “Ciò che ci ha fatto piacere riscontrare è stata la tipologia di accoglienza messa in campo da Bolsena, che ha finito per rispecchiare quel forte senso di comunità che era nello spirito originario con cui ci siamo adoperati per dar vita a questo festival. Inoltre è stato altrettanto importante riscontrare la serietà dei partecipanti a workshop e in generale ai momenti di studio per l’intera durata dei tre giorni. Ad oggi riceviamo ancora commenti positivi da più parti per l’organizzazione e anche per la lungimiranza dell’amministrazione e degli enti coinvolti a vario titolo in questa sorprendente rassegna.”
Un ringraziamento particolare da parte di tutto lo staff del Festival di Permacultura e dell’Associazione Idea va quindi a tutti coloro che hanno partecipato, collaborato, condiviso e si sono divertiti insieme a noi per questi 3 giorni di grande entusiasmo collettivoe a tutte le istituzioni che hanno patrocinato il Festival rendendo tutto questo possibile.

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CULTURA – Santa Rosa e le terme conquistano la Cina

Set 11, 2014 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged , Comments 0

L’eco di Santa Rosa, la prima festa in onore della patrona sotto l’egida Unesco, è giunta fino alla Cina. Un’importante delegazione è volata da Pechino per raggiungere la Tuscia, un viaggio nel momento di maggior importanza per il capoluogo, indispensabile per ammirare la Macchina di Santa Rosa e sottoscrivere un impegno bilaterale con i Comuni di Viterbo e Caprarola.
Un gemellaggio sottoscritto da Guo Wejin, rettore dell’università di Long Dong, e Yan Wang, presidente di Ycfa (Italy China Friendship Association), che unisce la storica realtà viterbese con la tecnologica e avanzata Cina e che ha permesso di mostrare non solo le tradizioni ma soprattutto le bellezze architettoniche, ambientali e turistiche.
Fiore all’occhiello del settore turistico viterbese sono le terme: per conoscere al meglio i benefici e la bellezza dell’acqua sulfurea la delegazione cinese è stata ospite dell’Hotel Salus Terme.
La due giorni è servita anche per presentare le grandi opportunità della struttura di proprietà della famiglia Governatori, che ha come sempre cortesemente illustrato le grandi potenzialità sulla salute e sul benessere, insieme al relax assoluto che può godersi nella Spa dell’hotel. L’importante visita è stata suggellata dalla cena di gala svoltasi nelle sale dell’Hotel, alla presenza della autorità coinvolte nella firma del doppio gemellaggio.
Al ritorno in Cina, le importanti personalità della delegazione dell’Italy China Friendship Association ha così portato nel cuore la grande passione, forza e volontà ammirata per la festa di Santa Rosa, insieme all’eleganza, il benessere e il gusto offerto dall’Hotel Salus Terme.

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STORIA – Santuario del Monte Landro, ecco la mappa del sito

-da Marco Morucci-

Sperando di fare cosa gradita per chi non conosce il santuario del monte Landro, mi sono impegnato a creare la mappa del sito, si tratta per ora solo di un terzo dell’area completa, infatti i lavori hanno interessato un solo tempio, dell’ altro che si trova sul versante ovest e probabilmente appartiene alla dea Lusa, per ora non si sa quasi nulla e sono stati effettuati solo dei saggi di scavo.
Ho usato diversi colori che indicano le relative ricostruzioni dato che i templi sono sovrapposti, le misure poi sono state prese con metodi empirici, fettuccia e GPS, la causa è da imputare al sistema di scavo che ancora non ha scoperto l’intero manufatto.
Il primo in celeste, il più arcaico costruito in fase villanoviana è caratterizzato dalle mura di fondazione in conci di tufo di grande dimensione, misura circa 70 mt2.
Il secondo tempio, quello che si ipotizza appartenente al Fanum è del VI secolo a.C. secondo la leggenda, la sua dimensione e forma si identifica facilmente, il motivo sono i resti delle fondamenta del colonnato che doveva avere su tre lati nord sud e ovest, la parte anteriore di dove si accedeva all’interno, la sua area circa 575 mt2 è una delle più grandi tra i templi Etruschi e dato che si trova isolato in cima ad un monte, la sua costruzione è già una prova valida che quello è il luogo giusto per il tempio principale del santuario federale Etrusco.
Il terzo, eretto in fase ormai romana si nota subito per lo sfruttamento di parte delle fondamenta esistenti, le misure del frontale si deducono facilmente, dal rinforzo in pietra per il colonnato, la lunghezza invece è data da una canaletta in tegole sovrapposte che dall’angolo posteriore portavano l’acqua al pozzo scavato vicino l’entrata: l’area è di circa 176 mt2.
Nella mappa ho incluso anche la cosiddetta vasca, già a colpo d’occhio si nota che ha una struttura anormale, in parte scavata solo le pareti nord e sud sono rinforzate con dei conci di tufo, singolare è quello che viene considerato il foro di scolo delle acque, si tratta infatti di una fessura naturale formatasi nella pietra e dato che si trova al centro si intuisce che quello è stato il punto di partenza per lo scavo della vasca che copre un area di circa 8 mt2 per un altezza minima di 1,50 mt.
Nella parte nord, il perìbolos forma un curioso triangolo al suo interno dovrebbe trovarsi i resti dell’altare sacrificale dove era acceso il fuoco eterno, per raggiungerlo tra il tempio e il sacro podio doveva essere stata eretta una grande scalata, tre fondamenta di mura scoperti a breve distanza uno dall’altro, accanto alla parete del tempio sembrano avvalorare anche questa ipotesi.
Considerando che dal santuario furono depredate 2000 statue di bronzo si può immaginare che il Fanum doveva comprendere diverse decine di templi e basta solo prendere la cartografia medievale o leggere i toponimi della zona, per intuire che nella parte settentrionale del Lago di Bolsena si trovavano rudera di templi.
Fino ad ora non si è mai cercato di capire veramente chi sia il dio del Fanum, non si è nemmeno stimato quanta in realtà era la popolazione movimentata durante le sue festività, una multitudine di persone e animali che avevano bisogno di acqua viveri e un posto in cui alloggiare senza contare che la maggioranza era formata da aristocratici.
Calcolando un minimo della popolazione Etrusca, si può ipotizzare che alle celebrazioni della sacra Diade, dovevano partecipare dai 40.000 ai 60.000 pellegrini di vario rango, più gli atleti e i vari servitori, sacerdoti e sacerdotesse e principalmente i dodici Lucumoni, ho stimato che avessero bisogno di un territorio di circa 15 km2, che casualmente corrisponde alla zona cuscinetto che esisteva a nord, tra i confini di Tarquinia parte sud del lago, Vulci parte sud ovest e Velzna parte sud est, tutte queste informazioni fanno parte di uno studio che verrà presentato ad una delle prossime conferenze.

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