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CULTURA – Grande Guerra, il valore degli eroi di Sipicciano

– di Alessandro Gatti –

C’è stato un tempo, non tanto lontano, nel quale le logiche di difesa, sulle quali gli Stati europei fondavano la propria Sicurezza nazionale, avevano come punto di riferimento il conflitto e la guerra.
In quegli anni si respirava ancora l’odore acre di un processo di maturazione che avrebbe portato, di lì a poco, ad edificare un concetto nuovo di tutela dello Stato Nazione; sulla solida base di alleanze pacifiche ed accordi commerciali.
Quanto presentato da Claudio Mancini, sabato 16 Gennaio presso il Palazzo Baronale di Sipicciano, nel suo inedito “Gli eroi di Sipicciano nella Grande Guerra” altro non è che un testamento.
Una testimonianza tangibile di persone comuni strappate alla vita di tutti i giorni dalla Prima Guerra Mondiale.
Claudio Mancini, attraverso la ricerca storica, ha restituito ai posteri la memoria di coloro che partirono da un piccolo paesino, per un lungo viaggio verso la morte.
Alcuni non trovarono il biglietto di ritorno, mentre altri riuscirono a tornare. Tuttavia il viaggio li trasformò e non furono mai più gli stessi.
Gli eroi di Sipicciano rappresentano l’italiano medio chiamato alle armi.
Un paesello dell’Italia centrale, come ce n’erano tanti all’epoca ed anche adesso.
Gente chiamata a decidere le sorti di un Paese che cercava a fatica di costruire la sua identità attraverso il perverso gioco della contrapposizione.
Gli eroi di Sipicciano, restituiti alla memoria da un prezioso lavoro di indagine storiografica, furono alcuni dei tanti protagonisti del processo di costruzione di un’unità ed un’identità nazionale.
Artefici dell’opera di libertà e pace che oggi viviamo, ma vittime del retaggio storico, incompiuto ed immaturo, del Congresso di Vienna del 1814.
Contadini, medici, pastori, insegnati, giovani studenti, padri, figli e quanto di più bello e prezioso un Paese possa avere.
Partirono alle armi nella Prima Guerra Mondiale per dare compimento a quel lungo processo di riconfigurazione territoriale iniziato con la Restaurazione un secolo prima.
Al Congresso di Versailles, nel 1919, l’Italia vide riconoscersi la sovranità sulla Venezia Giulia, Zara, la Venezia tridentina.
Sebbene si fosse parlato di vittoria mutilata, quel riconoscimento è stato il fondamento del tricolore italiano e, nel ricordo delle vittime della Grande Guerra, negli occhi dei suoi reduci, quel tricolore sventola ancora.
La più grande conquista di Versailles fu la Società delle Nazioni che trovava nei quattordici punti di Wilson la sua anima vivificatrice.
Perché gli Stati europei ed il mondo intero potessero essere finalmente pronti a vivere con concretezza kantiana l’unità della pace servirà una seconda conflagrazione mondiale.
Sebbene l’Organizzazione delle Nazioni Unite, riedizione aggiornata e potenziata del progetto wilsoniano, si sia rivelata ben lontana dalla “Pace Perpetua” professata dal filosofo visionario Immanuel Kant, essa seppe fondare la pace su principi e valori che travalicarono i presupposti dello Stato Nazione.

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CULTURA – La “Crocifissione” ed i suoi legami con Michelangelo

Gen 16, 2016 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged Comments 0

A seguito dell’ampio interesse generato dall’incontro del 13 gennaio sulla “Crocifissione” del Museo del Colle del Duomo,in qualità di relatori riteniamo sia utile tirare le somme di quanto presentato come esito degli studi condotti dall’Università della Tuscia in collaborazione con Archeoares ed Egidio 17,con il patrocinio della Diocesi di Viterbo.

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NEWS – Bis de “Il Calice e la stella” a “La prova del cuoco”

La Tuscia e i suoi prodotti tipici e tradizionali saranno di nuovo protagonisti de “La prova del cuoco”, la trasmissione di Rai Uno condotta da Antonella Clerici e Beppe Bigazzi. Sabato 16 gennaio alle dodici, Felice Arletti, proprietario dell’Agriristoro “Il Calice e la stella” di Canepina, un suggestivo locale d’epoca medievale addossato alle mura castellane del paese, vincitore della puntata di sabato scorso, affronterà una nuova sfida, presentando piatti a base di lenticchie di Onano, i ceci del solco dritto di Valentano e i fagioli del purgatorio di Gradoli.

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CULTURA – Sant’Antonio Abate: tradizione egizia, celtica e… bagnaiola

Gen 15, 2016 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged Comments 0

-Di David Sciuga-

Chi era
San Antonio fu un eremita ed un abate nato in Egitto, a Coma, e vissuto tra il III e il IV secolo d.C., in tarda epoca imperiale. In giovane età lasciò i suoi averi per vivere da povero anacoreta, morendo ultra centenario sulle rive del Mar Rosso. Già in vita era nota la sua fama di santità tanto che accorsero da lui molti pellegrini. Sembra che anche l’imperatore Costantino e i figli di lui lo avessero cercato per trovare consiglio.
Folklore
Nell’iconografia veniva ritratto accanto a donne attraenti, quali simbolo delle tentazioni terrene, o vicino ad animali (soprattutto suini), di cui è considerato protettore.
La ricorrenza dedicata al santo è ricordata in diversi luoghi ed è usanza diffusa accendere un grande falò la sera della vigilia, proprio per la sua capacità di guarire con il Fuoco Sacro detto, per l’appunto, di San Antonio. Questa ricorrenza è celebrata in più località cristiane, il 17 gennaio, con manifestazioni di natura folkloristico-religiosa che sono ritenute utili ad attrarre la benevolenza del santo. Non a caso nei Paesi Cattolici è usanza benedire gli animali proprio nel giorno a lui dedicato.
Essendo stato associato al fuoco, Antonio fu considerato anche guaritore dell’Herpes Zoster, appunto chiamato anche Fuoco di Sant’Antonio.
Altre origini
La tradizione relativa al santo egiziano è tuttora viva nei centri rurali e si ritiene che i riti attorno alla sua figura affondino le proprie origini nella civiltà celtica: accade di frequente che le tradizioni relative ai santi cristiani abbiano assorbito quelle di culti pagani pre-esistenti.
Presso l’antico popolo europeo dei Celti, diffuso in diversi Paesi nel Vecchio Continente, e anche in diverse regioni d’Italia, esistevano diversi riti nelle Feste di Imbloc e Beltaine. In queste, l’elemento del fuoco rivestiva un ruolo cardine.
Proprio la pagana festa di Imbloc presenta spiccate analogie con quella che si è tramandata fino ad oggi: si celebrava il primo Febbraio (lo stesso mese del Sacro Fuoco), voleva sancire il termine dell’inverno e abbracciare il ritorno della primavera con il conseguente allungarsi delle giornate. L’elemento apotropaico del fuoco doveva attrarre forze benevole e difendere da quelle malvagie, latrici di disgrazie e malattie, per garantire un futuro radioso in un’atmosfera di festa da condividere nella comunità, proprio come avviene nella famiglia bagnaiola.

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CULTURA – Fede e paganesimo del Sacro Fuoco di Bagnaia

-Di Gatti Alessandro-

La festa del “Focarone” di Sant’Antonio Abate a Bagnaia è uno degli eventi folkloristici più caratteristici dell’intera provincia, capace di attrarre visitatori da tutta Italia, mentre non mancano gli stranieri affascinati dalle usanze ancestrali legate al territorio della Tuscia viterbese.
Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio il Sacro Fuoco riunisce a sé, per una notte intera, grandi e piccini in un evento imperdibile per gli amanti del folklore, della carne e della birra.
Le origini di questa festa risalgono a ben prima l’Epoca Cristiana, costituendo tutt’ora un simbolico patto con Sant’Antonio affinché continui a proteggere gli animali, da cui per secoli, è dipesa la sussistenza della popolazione locale.
Prima del Cristianesimo si accendeva un grande fuoco nella piazza centrale come buon auspicio per evitare che pestilenze, malattie e spiriti negativi gravassero sul bestiame, vero motore dell’economia delle arcaiche società agresti.
Ancora oggi riviviamo, in uno splendido connubio di storie e tradizioni, quella che fu un tempo una simbologia mistica ed un rito popolare per rendere omaggio ad un Santo Protettore.
Nonostante nel corso dei secoli il significato della festa sia stato reinterpretato, per non dire travisato, conviene ricordarne l’intento iniziale che, se pur dalle origini contaminato da superstizione popolare e paganesimo, serbava la genuinità di un’invocazione a San Antonio Abate.

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SOCIETA’ – Coppa Italia di Pasticceria Artistica, i fratelli Casantini in gara con “A love supreme”

Al via a Rimini, il prossimo 24 gennaio, Glamouritaliancakes, la quinta Coppa Italia della Pasticceria Artistica che dal 2012 realizza un contest che unisce il mondo professionale del cake design nel nome della cultura, della collaborazione e dell’evoluzione non solo tecnica.
Virginio & Katia Casantini, della Pasticceria Casantini di Viterbo partecipano con “A love supreme” il capolavoro di John Coltrane, uno tra i più famosi musicisti della storia del Jazz da cui prende il nome la torta che sarà presentata.

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NEWS – TusciaEventi tra i migliori 15 della Rete Ambientalista

Gen 11, 2016 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged Comments 0

La redazione di TusciaEventi ringrazia sentitamente la Rete Ambientalista Indipendente per il Centro Italia per l’inserimento nella classifica dei migliori 15 dell’anno appena trascorso.
Questa la motivazione: “Tuscia Eventi è un vero portale d’informazione per tutti gli eventi che si svolgono nella Tuscia viterbese.
Ad oggi si conferma come un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono informazioni dettagliate sugli eventi che si svolgono nella Tuscia.
A questo vanno aggiunte le ottime doti comunicative e giornalistiche.”

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CULTURA – In centinaia per “Il Grande Albero” di don Mazzi

In centinaia sotto al ‘Grande Albero’ di don Antonio Mazzi. Auditorium di Santa Maria in Gradi pieno in ogni ordine e grado di posti venerdì sera per il musical messo in scena dal fondatore di Exodus e dai suoi ragazzi di Juppiter.
Un’iniziativa voluta da Juppiter e Comune di Viterbo, Assessorato alla Cultura. Inizio alle 21, con
una fila di centinaia di persone già a partire dalle 20. Tutti i temi del Circo Mazzi, così ha definito
questa carovana attiva in lungo e largo in Italia il presidente di Juppiter Salvatore Regoli, sono stati toccati in uno spettacolo di un’ora. Al centro la poesia del Vangelo, che don Antonio ha rivangato in lungo e largo. Una domanda ha riecheggiato per tutta la durata: “Dove sta la vita? Dove l’amore e la fede? Dove sono le radici?”. “Stanno nell’onnipotenza? Sotto l’albero dei soldi oppure vanno cercate altrove?”, ha chiesto Mazzi ai presenti. Dietro di lui un maxischermo con impressa una delle frasi più belle del Piccolo Principe: “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Un viaggio di parole, balli, immagini, musica, poesia. Tutte le strade che sono state percorse hanno portato alla stessa meta: la gioia. Quella gioia che può essere veramente grande solo se capace di armarsi di un altro senso ancora più immenso: il perdono. Un messaggio forte, soprattutto nell’anno del Giubileo della Misericordia voluto da papa Francesco.

Lo ha colto a pieno il vescovo di Viterbo Lino Fumagalli, che è intervenuto alla fine dello spettacolo. “Perdonare significa amare più forte.
Con quanto ci ha raccontato don Antonio ha dimostrato di essere un grande teologo”, così
Fumagalli.
Tra i presenti anche molti rappresentanti delle istituzioni. Dal sindaco di Viterbo Leonardo Michelini al presidente della Provincia Mauro Mazzola, passando gli onorevoli Alessandro Mazzoli e Daniele Sabatini, gli assessori comunali Ciambella, Troncarelli e Ricci e molti consiglieri viterbesi di maggioranza e opposizione. In sala anche rappresentanti dei comuni della Tuscia, dal tandem Francesco Bigiotti-Luca Profili di Bagnoregio a Eugenio Stelliferi di Caprarola, passando per il sindaco di Ronciglione Giovagnoli

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NEWS – Canepina protagonista a “La prova del cuoco”

Le telecamere de “La prova del cuoco”, la nota trasmissione di Rai1 condotta da Antonella Clerici e Beppe Bigazzi, puntate sui prodotti tipici e tradizionali della Tuscia, in particolare del comprensorio dei Cimini.
Sabato 9 Gennaio alle dodici, Felice Arletti, proprietario del pluripremiato Agriristoro ”Il Calice e la Stella” di Canepina, rappresenterà la cucina della Tuscia nella sfida contro le recette della Campania.

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NEWS – “Orii del Lazio”, al via il concorso per i migliori extravergine

Gen 8, 2016 Posted by In approfondimenti, Notizie Tagged , Comments 0

Edizione numero 23 per “Orii del Lazio”, il concorso che ogni anno premia i migliori oli extravergine di oliva della regione.
Il concorso, promosso da Unioncamere Lazio e organizzato in collaborazione con le Camere di Commercio associate, si propone di valorizzare i migliori oli extravergine di oliva provenienti da zone con riconoscimento DOP o IGP, o dai diversi ambiti del territorio laziale per favorirne la conoscenza e rafforzarne la presenza sui mercati esteri, nonché di stimolare gli operatori del settore a migliorare la qualità del prodotto e a diversificarlo, e, infine, di contribuire alla valorizzazione dei tecnici ed esperti assaggiatori.

Nel corso degli anni il concorso ha assunto prestigio e visibilità proprie e si è affermato come un appuntamento particolarmente apprezzato dalle imprese laziali, che sempre più numerose, aderiscono al concorso, distinguendosi per qualità e genuinità del prodotto. Inoltre è valido anche per la selezione su base regionale dei partecipanti al Premio nazionale “Ercole Olivario”.

Lo scorso anno hanno preso parte al concorso, grazie al supporto della Camera di Commercio Viterbo, 15 imprese della Tuscia totalizzando ben dieci premi.

Nello specifico il Concorso è riservato all’olio extra vergine d’oliva di qualità ottenuto da:
– olive prodotte nelle zone a denominazione d’origine, già riconosciute in ambito comunitario;
– olive prodotte nei diversi ambiti territoriali italiani. La territorialità è attestata dal partecipante con autodichiarazione sull’attività svolta e la provenienza delle olive (da produrre secondo il fac-simile inserito nella domanda di partecipazione).

Possono partecipare al Concorso, per una o per entrambe le tipologie sopradescritte, con al massimo una denominazione per ciascuna tipologia:
– olivicoltori del Lazio produttori di olio in proprio;
– frantoi con sede nella Regione Lazio, limitatamente al prodotto proveniente da oliveti della regione Lazio;
– oleifici cooperativi, organizzazioni di produttori (quali consorzi, cooperative, reti d’impresa) con sede nella regione Lazio, limitatamente al prodotto proveniente da oliveti della regione Lazio;
– soggetti sottoposti al sistema dei controlli detentori, nella relativa zona di origine, di prodotto pronto per l’immissione al consumo con certificazione a denominazione di origine.

Sul sito della Camera di Commercio Viterbo (www.vt.camcom.it) sono disponibili il regolamento del Concorso e la domanda di partecipazione, da compilare e spedire entro il 25 gennaio 2016 anche via fax al n. 06.6794845 alla Segreteria del Concorso c/o Azienda Romana per i Mercati, via dell’Umiltà n. 48, Roma.
Per ulteriori informazioni: Sandro Magrino tel. 0761-290954, sandro.magrino@vt.camcom.it; Paolo Farnia tel. 0761.321420, paolo.farnia@vt.camcom.it

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