Elena Invernizzi e Stefano Paolocci, autori del libro “Un orsacchiotto con le batterie. Il depistaggio sulla strage di via D’Amelio” pubblicato dall’editore Round Robin, hanno ripercorso ciò che è accaduto prima e dopo il tragico evento di via D’Amelio, attraverso gli atti e i verbali delle numerose interrogazioni e dichiarazioni dei collaboratori di giustizia coinvolti nella strage.
La voce narrante è un magistrato siciliano che vive tra Procura e Tribunale, le carte da studiare e approfondire sono quelle all’interno del suo appartamento in un condominio, da dove osserva la vita dei vicini senza particolare interesse. All’uomo, che ogni mattina incontra Gianni il portiere intento a correre dietro al figlio che dimentica la merenda, che cerca di abbellire il proprio balcone seguendo i consigli della mamma per far germogliare le piante, che fuma ininterrottamente le sigarette mentre osserva lo splendido panorama della sua città, è affidato il racconto di quegli anni interpretati dai pentiti, come Vincenzo Scarantino, che il 24 maggio del 1995 conferma nell’aula bunker di Rebibbia: “Sono colpevole e ho deciso di dire tutta la verità sulla strage […] Sono stato un orsacchiotto con le batterie e costretto a prendere in giro lo Stato con le minacce”.
Vent’anni dopo, il magistrato, l’uomo, guarda la sua città dalla finestra, assaporando l’aroma persistente di una sigaretta. Sulla scrivania il minuzioso lavoro di ricostruzione che sta portando a termine: la mappa di un depistaggio lungo due decenni attorno alla strage di via D’Amelio.
In un gioco di pesi e contrappesi saranno le voci dei pentiti a dominare la scena: quella dell’
“orsacchiotto con le batterie” Vincenzo Scarantino in primis, sulle cui dichiarazioni verranno
istruiti i processi; e quella di Gaspare Spatuzza poi, il collaboratore che ha rimesso in discussione le sicurezze acquisite in tanti anni di indagine.
Una ricerca di verità e giustizia che condurrà il protagonista a muoversi tra mille piste e sentieri intricati, sino a culminare in un incontro che, alla fine, gli regalerà una nuova prospettiva sulla strage, aiutandolo a mitigare il senso di sconcerto e impotenza.
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