CULTURA – Turismo, quale futuro nella Tuscia?

-da Giovanni Fonghini-

Passata l’euforia per i risultati positivi delle presenze turistiche registrate nella Tuscia nel ponte pasquale appena trascorso è opportuno riflettere su quello che si dovrà fare nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Va detto che la Tuscia da sempre ha un rapporto contrastato con il turismo, le cui potenzialità, se sfruttate a pieno, possono costituire una valida leva per la crescita economica del territorio.

Le parole di Giovanni Bastianelli, da pochi giorni direttore esecutivo dell’Enit, riportate nell’articolo di Massimo Chiaravalli pubblicato il 3 aprile ’16 nella pagina di Viterbo de “Il Messaggero”, confermano questo. “Il visitatore deve essere messo nelle condizioni di capire che qui, con mezz’ora di macchina, si possono vedere un’infinita di cose…” La Tuscia è bellissima ed offre una miriade di cose da vedere e da gustare – il binomio turismo – enogastronomia è ormai di primaria importanza come bene evidenzia Chiaravalli – ma non è conosciuta come meriterebbe.
Manca una visione strategica d’insieme, gli investimenti sono scarsi e la pianificazione è pressoché sconosciuta. Territori simili al nostro, dal punto di vista dell’offerta turistica, sono molto agguerriti nella ricerca di nuovi mercati. Valorizzano adeguatamente le loro bellezze e le loro bontà gastronomiche, sanno fare sistema, fanno affidamento a tecniche sempre più raffinate di comunicazione territoriale, uno dei pilastri, ma non l’unico, nel contesto strategico del marketing territoriale. Fanno azioni di pubbliche relazioni verso la stampa di settore, la stampa generalista e gli operatori del settore. Studiano i mercati esteri, con particolare riguardo per quelli che hanno maggiori possibilità di spesa per i viaggi e le vacanze. Non esitano ad investire nella pubblicità sul web e sui media tradizionali. Quante occasioni hanno perso la città di Viterbo e la Tuscia lesinando le risorse per la pubblicità quando invece ne sarebbe valsa veramente la pena?
Due esempi su tutti hanno rimarcato la scelta di fare investimenti irrisori: in occasione dell’inserimento della Macchina di S. Rosa insieme ad altre Macchine portate a spalla nel prestigioso elenco del patrimonio immateriale dell’umanità a cura dell’Unesco e quando si è svolta l’esposizione a dicembre 2013 nella Sala Regia del Palazzo dei Priori di Viterbo di due tavole del pittore Sebastiano del Piombo, “La pietà” e “La flagellazione”. Pittore rinascimentale molto apprezzato dagli storici dell’arte, tra cui Antonio Paolucci e Claudio Strinati. L’approccio non professionale oggi non paga. E’ poco efficace attuare una qualsivoglia iniziativa, se non la si inserisce in una pianificazione di medio e lungo periodo.
L’importanza del turismo la si vede pure nel crescente interesse verso di esso da parte delle istituzioni universitarie; numerosi i corsi, tra cui quello varato dallo IULM, “Ciak si gira”, un master specialistico della promozione del territorio attraverso i film. I precedenti nella Tuscia non mancano: la fiction “Il maresciallo Rocca”di Giorgio Capitani, “Otello” di Orson Welles, “I vitelloni”di Federico Fellini, “Il vigile” di Luigi Zampa, “L’armata Brancaleone” e “Brancaleone alle crociate” di Mario Monicelli e un’infinità di altri titoli. Per chi volesse approfondire l’argomento un valido ausilio è dato dal volume “La Tuscia nel cinema” dello studioso Franco Grattarola, pubblicato nel 2008 da Melting Pot Edizioni e Tuscia Film Fest.
Insomma il lavoro da fare per far crescere in maniera considerevole il turismo a Viterbo e nella Tuscia è tanto; basta non scoraggiarsi, chiarirsi le idee, investire sul serio e pensare oggi per un’arco temporale di ampio respiro

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