Ha una spiccata connotazione territoriale l’ultimo libro di Dario Giardi, che così si presenta: “Sono un ricercatore nel campo energetico ambientale anche se la mia vera passione rimane la scrittura. In questo ambito nasco comeautore di guide turistiche e come tale sono sempre alla ricerca di nuovi filoni d’indagine per scoprire luoghi inesplorati del nostro territorio, simbologie e antiche civiltà.
Anche nel mio ultimo lavoro, il romanzo thriller DNA, ho cercato di portare la mia esperienza per incuriosire il lettore e presentare luoghi inesplorati e poco conosciuti del nostro territorio. Un modo per promuovere il nostro immenso patrimonio artistico, paesaggistico e culturale. Tutti i siti dei ritrovamenti, i luoghi o le civiltà cui si fa riferimento nel testo, sono effettivamente esistenti.
Tra le varie e insolite ambientazioni del romanzo, la Tuscia riveste un ruolo di primissimo piano.
Gli etruschi con i loro misteri e i loro segreti,vivono tra le pagine di DNA.
La trama ci porterà a Vulci e poi sul Lago di Bolsena.
Proprio qui, sull’Isola Bisentina, si consumerà uno dei climax del romanzo.
Non poteva essere altrimenti, visto il fascino e la storia leggendaria del luogo.
Difficile immaginare, percorrendo il lungolago di Capodimonte, che la piccola isola, che si scorge in lontananza, abbia rappresentato per gli etruschi il centro della loro civiltà.
L’isola (il cui nome deriva da Bisentium, antico centro di origine etrusca fondato sulla sponda di fronte del lago) dal punto di vista geologico è quanto resta di un cono eruttivo che entrò in attività quando già esisteva il lago, circa 132.000 anni fa. Proprio su questo piccolissimo lembo di terra, Estela, la protagonista del romanzo, riceverà un importante messaggio per ritrovare il suo ragazzo Daniel, misteriosamente scomparso durante una ricerca speleologica.
A rendere speciale quest’isolotto del lago di Bolsena è la storia legata alle antiche civiltà che l’hanno abitata ed eletta a luogo sacro e alle numerose leggende che la vedono protagonista.
Nel Medioevo fu roccaforte, rifugio dalle invasioni e prigione per ecclesiastici (la famigerata “Malta” che Dante Alighieri citerà nel canto IX del Paradiso). Nel 1431, su desiderio del Papa Eugenio IV, l’isola Bisentina diventò allora una piccola Terra Santa, che i religiosi trasformarono in una Via Crucis naturale. Il punto più alto del monte Tabor con l’Oratorio della Trasfigurazione, il Golgota con la Crocefissione, il Monte Sinai con il Tempietto di Santa Caterina… luoghi e strutture connotate da una forte simbologia.
Secondo una delle tante leggende, l’isola Bisentina custodirebbe uno dei varchi al mondo perduto degli immortali: il regno diAgarthi, dal sanscrito “l’inaccessibile”.
Un regno leggendario, collocato al centro del pianeta, popolato da una civiltà evoluta, pacifica, moralmente retta, forse già a contatto con entità aliene. Un mondo sotterraneo dove vivrebbero grandi maestri antichi, depositari di segreti arcaici e che ospiterebbe, nella sua oscurità, anche gli scomparsi sacerdoti etruschi.
Tornando all’Isola Bisentina… la mappa delle “Vie Cave” etrusche (squarci profondi trenta metri, scavati nelle profondità di quella Terra che gli Etruschi consideravano sacra) mostra come la loro distribuzione obbedisca a un grande disegno geometrico. Tutte convergono verso un preciso centro geografico: il lago di Bolsena. Non è casuale che intorno al lago sorgesse il Fanum Voltumnae, il più importante bosco sacro dell’Etruria. L’Isola Bisentina, in particolare, era considerata dagli etruschi un’isola sacra, il vero cuore geografico e spirituale di tutta la “nazione” etrusca. Qui, una volta l’anno, magari proprio all’interno dello spazio ipogeo utilizzato successivamente dalla Chiesa per la sua prigione, i Lucumoni, in rappresentanza delle dodici città etrusche, si riunivano per celebrare l’unità spirituale del popolo etrusco. Da qualche parte sull’isola, gli etruschi scoprirono il varco per Agarthi. Un varco che poi, forse, venne occultato dagli stessi sacerdoti.
Molti ritengono, infatti, che il popolo etrusco possa aver deciso di scomparire volontariamente inabissandosi nel sottosuolo. Secondo questa ipotesi, Agarthi, la città sotterranea, li avrebbe accolti e protetti.
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