-di Marco Morucci –
Prima parte mineralogia
I monti Volsini sono formati da una catena vulcanica e una parte in particolare, durante le ultime eruzioni, ha emesso insieme alle rocce leucitiche delle pagliuzze di oro.
Durante l’ultimo secolo sono stati fatti due saggi di scavo ufficiali, uno nel 1937 come risulta da un articolo del messaggero, il secondo fu effettuato nel 1977 da una società amiatina che si occupava di minerali..
Ambedue hanno rilevato che l’oro è presente in quantità esigue ma per un lungo tratto circa 400 mt. ma deve esistere un punto in cui si deve essere accumulato e questo è il risultato delle due analisi geomorfologiche.
Il monte Landro è uno dei tre coni avventizi che fanno parte del grande cratere della Sterta avente un km. di diametro del trio è il più importante ed è formato da tre o quattro scaglioni di lave diverse come tutte gli edifici vulcanici del lato ovest del grande vulcano di Bolsena.
Uno degli ultimi scaglioni ha sprigionato l’oro effondendolo lungo il pendio del monte, penso che deve essere stato uno spettacolo entusiasmante vedere una parte del monte brillare di luce aurea.
Uno spettacolo durato solo poche settimane il ferro fuso facente parte delle microscopiche pagliuzze dopo pochi giorno si ossida e l’oro prende il colore della pietra leucitica che lo ingloba.
Parte seconda ricostruzione storica assistita dalle leggende Etrusche
Quando le sole notizie storiche non riescono a far ricostruire gli eventi passati bisogna usare ogni mezzo incluse le leggende che aleggiano nel territorio in questione, questo perché si tramandano racconti e storie fantastiche solo in luoghi che hanno avuto un passato epico.
Quando arrivarono gli Etruschi di Lemno, il lago di Bolsena lo trovarono già abitato dai palafitticoli provenienti dal lago di Frasia in Tracia si unironno a loro costruendo un villaggio fortificato nelle vicinanze delle palafitte del Gran Carro; Civita di Arlena.
Qui entra la leggenda, nel VI secolo a.C. racconta Plinio che Porsenna distrusse Volsini con un fulmine, i scavi dicono che Arlena nello stesso secolo fu abbandonata.
La ragione dei due eventi si spiega con una terzo elemento comprovante; l’obbligo di costruire il tempio Velch il loro dio primordiale ( il Vulcano Romano ) lontano dagli abitati.
Io ho ricostruito l’accaduto così;
un terremoto ha distrutto parte del villaggio ed è stato interpretato come un avvertimento del dio che dalla tagliata accanto al tempio di Turona deve aver emesso fumo e lapilli infuocati.
La paura degli avvenimenti consigliò di spostare il villaggio in un’altra posizione lontano dal dio che fondeva i metalli.
Così nacque Velzna città della luce, figlia del dio della luce sotterranea e della dea dell’abbondanza.
Per il tempio fu scelto un luogo dove era stato già eretto un altro tempio ma questo costruito dalle dodici città era maestoso e dominava tutta la conca volsiniese.
Un luogo scelto dagli dei, la montagna dell’oro, tra due laghi, quello di Lagaccione si suppone fosse una caldara fu fatto prosciugare nel 1500, e in cima una fumarola faceva sempre percepire la presenza del dio sotterraneo.
In basso nella vallata del lago, in una gola tre sorgenti chiamate le Vene fornivano l’acqua utile alla ferriera per fondere l’ro e il bronzo sacro.
Un luogo storico, un muro in opus reticolatum datato II secolo a.C. è prova che fu usato anche dai romani e secondo dei documenti notatili servì anche come ferriera vaticana sul fondo del fosso generato dalle tre sorgenti si trova ancora resti di fusione di ferro e bronzo.
In ultimo ma non meno importante, la leggenda tramandataci da Don Acaste Bresciani un racconto popolare raccolto durante una delle sue pellegrinazioni tra il contado di San Lorenzo Nuovo, parlava di una miniera sfruttata dagli Etruschi e nascosta per non farla trovare ai nemici Romani.
Nella storia conosciuta i romani aiutarono gli aristocratici Etruschi a liberarsi degli schiavi che si erano rivoltati ma questo non può corrispondere alla verità furono traditi dai liberti ma si erano preparati e non rivelarono ai vincitori ne dove era la miniera e nemmeno dove erano nascoste le statue d’oro del Fanum, furono torturati ma non svelarono il loro segreto.
Esiste un ultimo racconto, quello di un rabdomante che vagando su di un fianco del monte Landro aveva sentito un vuoto, grande quasi come la piazza ottagonale del paese si credette fosse una delle caldere vulcaniche, ma lui affermò di aver sentito altro con la sua bacchetta, un dromos un entrata molto lunga e più volte interrotta con dei lastroni di pietra.
Miti, fiabe solo delle narrazioni da ascoltare la sera vicino al focolare ma quanto c’è di vero nei racconti dei vincitori e quanto nelle leggende?
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