LIBRI – “La mafia non esiste”, lo dicono tutti, tranne il generale Pellegrini

Una guerra combattuta da pochi….forse perché sono in pochi quelli che la vogliono vincere. Veramente.
Si contano sulle dita di una mano: Cassarà, Falcone, Borsellino, Chinnici, Dalla Chiesa e, uno dopo l’altro, muoiono sotto i colpi di una mafia “che non esiste”.
Accanto a loro, a combattere questa guerra mai vinta, pochi sopravvissuti, provati profondamente nel cuore e nell’anima.

Tra questi il generale Angiolo Pellegrini che, nel 1981, a Palermo, assunse il comando della sezione Anticrimine dell’Arma dei carabinieri.
Ieri, a Vasanello, in una sala gremitissima e partecipe, in un incontro organizzato dall’amministrazione comunale per la serie “Lotta alle mafie”, Pellegrini, per oltre due ore, ha “disegnato”con le parole il quadro sconvolgente di una realtà che tutti conoscono ma fanno finta di non sapere: le trame, le collusioni politiche, gli omicidi efferati, le lupare bianche, i cadaveri nelle fondamenta dei palazzi, le vittime sciolte nell’acido….
Un quadro sconvolgente per dimensioni e collegamenti, svelato, nelle sue reali proporzioni, nel maxi processo che si concluse con la Cassazione del 1992.
Fino ad allora, Cosa Nostra era per tutti comunemente relegata al solo ambito palermitano, tanto da negarne l’esistenza addirittura a Catania.
Pellegrini racconta nel suo libro “Noi, gli Uomini di Falcone (la guerra che ci impedirono di vincere)” la sua missione, la sua vocazione per la giustizia che lo costrinse a stare lontano dalla famiglia per quasi sei anni, la sua voglia di onestà condivisa con pochi amici e colleghi, perché, in questi territori “non devi conoscere nessuno.”
Il generale ha trascinato la platea, con la capacità di un grande oratore, in una Sicilia devastata dalla paura e dalle vendette incrociate, dove al posto dello Stato è la mafia che comanda, e dove però, nello stesso tempo, c’è anche molta brava gente che rialza la testa e si ribella a tanta crudeltà.
E’ l’inizio di una vera e propria guerra che però, come dice il generale, “ci impedirono di vincere”
perché, alla fine, il vero reale nemico rimase nell’ombra, agendo di nascosto.
Per eliminare definitivamente questo sparuto manipolo di combattenti, prima ne vanificò il lavoro negando mezzi, risorse e possibilità, e poi arrivò a smembrare impietosamente tutta la squadra.
Forse effettivamente, a voler vincere davvero quella guerra, erano proprio in pochi.
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