-da Viterbo Civica –
Uno dei maggiori paradossi italiani è rappresentato mirabilmente dall’esercito dei vacanzieri, capaci di arrivare in capo al mondo pur d’ammirare un singolo monumento, ma ignorando gli inestimabili tesori storici artistici che sono a pochi passi dalle loro abitazioni. È il caso di Sant’Eusebio, il monumento paleocristiano più importante della Tuscia, una chiesetta romanica nascosta dai noccioleti a pochi chilometri da Viterbo nel comune di Ronciglione, visitata da numerosi pellegrini stranieri ma completamente sconosciuta per chi vive in zona.
Recentemente utilizzata come set per il nuovo film di Liliana Cavani, dedicato a san Francesco, per merito del quale è stata scoperta dai volontari di Viterbo Civica, che hanno immediatamente organizzato una visita guidata per il pomeriggio del 21 giugno, grazie alla cortese disponibilità dell’architetto Pietro Paolo Lateano, curatore della Contea di Sant’Eusebio. Animato da una passione e da un entusiasmo straordinario, l’architetto ha deliziato i volontari di Viterbo Civica con la storia particolareggiata della chiesa, raccontando anche gli aspetti meno nobili dovuti al vandalismo di chi non ama e non comprende le ricchezze del proprio territorio.
La chiesa basilicale, di origine paleocristiana è la più antica e la meno conosciuta della via Francigena, sì perché il tracciato primitivo della Francigena originariamente passava per i Cimini, e fu modificato in seguito agli assalti dei banditi che trovavano nei boschi del circondario l’ambiente ideale per le imboscate ai pellegrini.
Il nucleo più antico della chiesa risalente al IV secolo, è un mausoleo di epoca romana contenente sette sarcofagi, appartenuto, cosi come si legge dal titulus, a un certo Flavio Eusebio, un funzionario romano che decise di farsi seppellire con la famiglia in quel luogo. L’originario mausoleo conserva ancora parte del tetto triangolare con tegole romane. La chiesa attraverso passaggi ancora poco chiari a un certo punto passa a un altro Eusebio, il primo vescovo di Sutri, uomo in odor di santità vissuto nel V secolo. Diventato effettivamente il santo protettore delle vocazioni sacerdotali, il culto del santo attira presto un pellegrinaggio ingente, i pellegrini per la maggioranza sacerdoti lasciano dei graffiti sulle pareti, ne sono stati contati ben cinquantatré, si tratta d’invocazioni e preghiere per sant’Eusebio in onciale (antico tipo di scrittura).
Il pellegrinaggio sempre più numeroso determina la necessità di ingrandire la chiesa, alla navata centrale delle stesse dimensioni del mausoleo si affianca nel 1300 la navata di destra e in seguito è costruita quella di sinistra, le due navate laterali hanno dimensioni diverse ed erano divise in cubicoli per permettere ai pellegrini di dormire all’interno della struttura.
Le colonne romaniche presentano dei capitelli zoomorfi, nella zona dell’ingresso sono raffigurati dei serpenti, in quella più vicina all’altare dei pavoni, simbolo d’immortalità. Le basi delle colonne poggiano sui resti di una struttura preesistente, forse un tempio pagano. La soglia d’ingresso è formata da un pezzo di sarcofago lavorato.
La particolarità della chiesa è dovuta anche all’unicità degli affreschi, sulla parete sinistra dell’abside ”L’ultima Cena” risale al XII secolo, si tratta di un affresco di chiaro influsso bizantino, uno dei più rari dell’ultima cena, perché vi è ritratto Giuda, più piccolo e distante dal tavolo in qualità di traditore, e invece del pane e del vino sono raffigurati dei pesci. I volti sono stati abrasi.
L’affresco a sinistra dell’ingresso raffigura “L’albero di Jesse”, un’allegoria della progenie di Davide. Si tratta dell’affresco su questo tema più antico d’Europa, difatti non è la prima volta che tentano di rubarlo, alcuni vandali hanno perfino tentato di scardinare il portone usando un piede di porco che ha prodotto notevoli danni alle mura.
Probabilmente si tratta degli stessi vandali che hanno sfondato un vetro e scardinato una grata di ferro per rubare sei tegole romane dal tetto del mausoleo. E degli stessi che hanno sottratto i blocchi di pietra della torre crollata.
L’architetto Lateano spera che il film di San Francesco possa far finalmente conoscere la chiesa – ma è avvilente per chi fa questo lavoro sperare nel lancio pubblicitario, per il momento useremo i soldi del film per finanziare dei lavori-
Già perché la chiesa di sant’Eusebio non riceve nessun tipo di contributo per i lavori di restauro, per la ricerca o per riparare ai numerosi atti vandalici. La nostra associazione condivide il rammarico dell’architetto, avendo intrapreso da qualche tempo una campagna di sensibilizzazione e riscoperta del nostro patrimonio storico artistico. Per questo motivo i volontari di Viterbo Civica presenti alla visita guidata, dopo aver saputo della scarsità di denaro per la manutenzione di questo capolavoro, hanno organizzato una colletta tra i presenti per garantire almeno il pagamento dell’energia elettrica. Una goccia nel mare, ma nell’attesa che le istituzioni tornino a occuparsi di cultura vera valorizzando le ricchezze che il mondo c’invidia, siamo convinti che conoscere la bellezza dei luoghi in cui viviamo sia il primo passo per amarlo e curarlo.
Per chi volesse il 27 giugno, alle ore 7.00, davanti al sagrato della chiesa c’è un incontro meditazione con campane tibetane.
No Comments