-di Valeria Sebastiani –
Quante sorprese ci riserva ancora Tuscania? Lo sa bene un cittadino, Luigi Guidozzi, proprietario dell’ “Agriturismo Montebello”, che intento a lavorare i terreni della sua azienda si è imbattuto casualmente in quello che a prima vista sembrava un comunissimo sasso, anche se di notevoli dimensioni. Una volta avvicinatosi per rimuoverlo dal campo e poter procedere con il lavori, Luigi si è accorto che quel sasso aveva un aspetto del tutto insolito.
Ad un primo sguardo, sia pur distratto, si intravedevano perfettamente i rilievi di alcune figure: un giglio e quelli che sembrano i profili di tre figure umane, una delle quali velata. Una madonna? L’associazione è stata quasi istantanea per l’imprenditore. D’altronde il luogo del ritrovamento è quello di Poggio della Madonnella, proprio nel campo che si stende di fronte all’edicola sacra dedicata alla madonna e nel luogo in cui la leggenda vuole ci fosse un’ antico tempio, addirittura pagano, riadattato al culto cristiano e dedicato proprio alla Vergine Santa. Una leggenda che molti tuscanesi ricordano bene per averla appresa dalle labbra dei nonni, custodi di quella cultura orale che si tramandava da secoli e della quale oggi si perdono quasi le tracce. Ma solo leggenda? D’altronde di leggende a Tuscania ce ne sono molte: la statua d’oro di San Giuliano, il tesoro del Leone e tante altre che affondano le loro radici nel passato più remoto che possiamo immaginare.
In ogni leggenda tuttavia troviamo spesso fondamenti di verità. Che dire ad esempio delle tante leggende che portarono al componimento delle opere omeriche e che pure portarono Heinrich Schliemann a scoprire le antiche vestigia di quella che forse potrebbe essere stata l’antica città di Troia e del tesoro di Priamo?
Di fronte a questi interrogativi Luigi Guidozzi ha pensato bene di mettere al corrente dei fatti la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale.
Ad un primo sopralluogo i due archeologi intervenuti non hanno potuto far altro che constatare la particolarità del ritrovamento. Il masso è un blocco di pietra, di circa duecento chili, chiamata “palombino”, diffusissima in Maremma, caratterizzata da un uniforme colore bianco avorio, che assume tonalità sul giallo chiaro o sul grigio chiaro. Talora contiene venature grigio-brunastre larghe pochi millimetri e ad andamento irregolare. Il nome “palombino” deriva dalla somiglianza con la livrea del pesce palombo.
Non è una pietra particolarmente adatta ai lavori di scalpello, pure riesce difficile immaginare che solo gli effetti del tempo abbiano potuto disegnare i contorni tanto chiari delle figure che si riesce a leggervi. Coincidenze strane, date anche dal luogo del ritrovamento e che hanno suscitato interesse negli studiosi accorsi sul posto. Ora il masso attende ulteriori indagini e ricerche d’archivio sulla zona da parte della Soprintendenza, aspettando al sicuro all’interno dell’azienda agrituristica dove si è imposto quale ospite d’eccezione, tanto d’aver già prestato l’immagine ad una delle etichette dei vini che qui si producono: il rosso di ” Poggio della Madonnella”.
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